L’Onu: strategia pratica per la sopravvivenza dell’umanità
Dibattito generale dell’80esima Assemblea Generale dell’Onu: dai discorsi dei leader condivisa la volontà di pace e la speranza in un futuro migliore per l’umanità, ma con drammatiche fratture.
Si è chiusa il 29 settembre a New York la maratona del dibatto delle Nazioni Unite all’avvio dell’80esima Assemblea generale.
La discussione si è aperta il 23 settembre con il discorso del Segretario Generale António Guterres. Richiamando le scelte compiute ottant’anni fa riguardo alla “cooperazione contro il caos, legge contro l’assenza di leggi, pace contro la guerra” che hanno dato vita all’istituzione dell’Onu, “non un sogno di perfezione, ma una strategia pratica per la sopravvivenza dell’umanità”, Guterres mette in evidenza le differenze tra il mondo di ottant’anni fa e il mondo di oggi, caratterizzato dalla multipolarità: “Questo può essere positivo, in quanto riflette un panorama globale più diversificato e dinamico. Ma la multipolarità senza istituzioni multilaterali efficaci porta al caos, come l'Europa ha imparato a sue spese, sfociando nella Prima Guerra Mondiale.”
Gli interventi di tutti i leader mondiali che si sono succeduti a seguire, hanno rappresentato in multiple sfaccettature il mondo multipolare definito dal segretario generale Guterres. Le molteplicità di posizioni, disegnano blocchi tra Stati non sempre compatti su ogni questione, interpretazione o versione dei fatti, ma con posizioni diversificate che formando altri insiemi e sottoinsiemi, che s’intersecano, si scindono, si contrappongono.
Per fare qualche esempio: il primo ministro del Pakistan Muhammad Shehbaz Sharif ha candidato Donald Trump a Premio nobel per la pace per il suo contributo nell’aver sventato il conflitto tra il suo Paese e l’India, ma sostiene la Palestina, manifesta vicinanza alla Cina, e preoccupazione per i cambiamenti climatici, esprimendo dunque posizioni politiche in netta contrapposizione al leader che propone al Nobel. Il presidente del Niger Lamine Zeine Ali Mahaman sostiene la posizione di condanna d’Israele e la costruzione concreta dell’ipotesi "Due popoli, due Stati" promossa dalla Francia e dall’Arabia Saudita, ma nel frattempo pronuncia gravi denunce nei confronti della Francia tra cui il sostegno del terrorismo nella sua regione.
I leader degli Stati membri dell’Ue, salvo rare eccezioni (come l’Ungheria) denunciano le violazioni del diritto internazionale da parte della Russia e di Israele, alcuni assumendo posizioni molto più nette nei confronti dello Stato guidato da Benjamin Netanyahu e riconoscendo il “genocidio” in corso (tra cui in particolare la Spagna, l’Irlanda e la Slovenia).
Il ministro degli esteri russo Serghey Lavrov nel suo intervento ha espresso il pieno impegno del suo Paese per il rispetto della Carta delle Nazioni Unite, per il diritto internazionale, per la pace nel mondo, pronunciando parole di dura condanna nei confronti d’Israele. Lavrov giustifica l’azione militare della Russia in Ucraina denunciando che il regime di Kiev “ha preso il potere a seguito di un colpo di stato incostituzionale organizzato dall'Occidente nel 2014” e che “i diritti dei russi e delle persone di lingua russa nei territori che rimangono sotto il controllo del regime di Kiev devono essere ripristinati e pienamente rispettati. Su questa base, siamo pronti a discutere le garanzie per la sicurezza dell’Ucraina”. Una particolare attenzione del ministro russo è stata prestata al tema dello “sradicamento del colonialismo in tutte le sue forme e manifestazioni”. Lavrov ha espresso preoccupazione nei confronti dell’avanzamento della militarizzazione dell’Ue: “Ciò è ancora più allarmante se si considera che diverse figure politiche che si sono ritrovate al potere a Bruxelles e in alcune capitali dell'Ue e della Nato stanno seriamente iniziando a discutere della Terza Guerra Mondiale come possibile scenario. Queste figure stanno minando qualsiasi sforzo per trovare un giusto equilibrio degli interessi di tutti i membri della comunità internazionale, tentando di imporre i loro approcci unilaterali a tutti gli altri, violando gravemente il requisito statutario fondamentale del rispetto dell'uguaglianza sovrana degli Stati.”
Ben nota è la lettura della realtà dei fatti dai parte dei Paesi dell’Ue. Come ha dichiarato nel dibattito generale il presidente della Polonia Karol Nawrocki: “L'aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina è un test sui principi su cui si fonda l'Onu. Mosca parla di ‘cause profonde del conflitto’, ma queste sono principalmente ideologiche, poiché considera le altre nazioni come proprietà coloniale e giustifica l'invasione come una correzione storica”. Come conferma il presidente del Consiglio europeo António Costa per tutta l’Ue “la causa profonda del conflitto è il rifiuto della Russia di accettare il diritto dell'Ucraina di scegliere il proprio destino”.

Guterres: la sicurezza di cui abbiamo bisogno. Spesa militare o sviluppo sostenibile
Il segretario generale dell’Onu presenta il rapporto sull’impatto delle spese militari sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile e invita a adottare una visione più ampia di sicurezza.
Intervenuto il 26 settembre il primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, ha presentato la sua versione dei fatti, opposta a quella sostenuta dalla stragrande maggioranza degli Stati membri e dai fatti riportati dalle Agenzie dell’Onu. Numerosi delegati hanno lasciato l’aula assembleare in segno di protesta all’annuncio dell’entrata del primo ministro israeliano. Netanyahu ha descritto l’impegno di Israele nel liberare il medio-oriente dal terrorismo e dalla minaccia nucleare rappresentata dall’Iran, rigettando ogni accusa di genocidio contro i palestinesi compiuta da Israele come falsa: “Hamas ha usato i civili come scudi umani”. Invita l’aula a valutare come prova il fatto di aver richiesto ai palestinesi di lasciare le loro case, così argomentando: “I nazisti hanno chiesto agli ebrei per favore andate via, uscite?”. Dichiara inoltre di non aver affatto usato la fame come arma, sostenendo che Israele ha messo a disposizione per ogni uomo, donna, bambino “3000 calorie di cibo al giorno”. Ringraziando Donald Trump per il suo appoggio nell’operazione militare contro l’Iran, auspica un prospettiva conciliante di pace di Israele con tutti i Paesi arabi, invitandoli a considerare il beneficio che riceveranno dalle nuove tecnologie che Israele gli potrebbe mettere a disposizione. Netanyahu ha esposto all’Assemblea la sua speranza di un futuro, dove in particolare “gli iraniani riguadagneranno la loro libertà per fare l’Iran grande ancora!”.
Masoud Pezeshkian, presidente della repubblica islamica dell’Iran, intervenuto il precedente 24 settembre, ha elencato le atrocità commesse da Israle: il "genocidio a Gaza", la distruzione di case in Libano, la devastazione delle infrastrutture in Siria, la fame dei bambini in Yemen. Il presidente ha descritto la "selvaggia aggressione" inflitta all'Iran a giugno attraverso attacchi aerei da parte di Stati Uniti e Israele, che hanno colpito città, abitazioni e infrastrutture, attacchi definiti come "grave tradimento della diplomazia e una sovversione della pace", sottolineando che assieme agli scienziati hanno ucciso donne e bambini. Ha sottolineato che, se la comunità internazionale non reagirà a tali violazioni, queste travolgeranno il mondo. Citando il poeta Saadi, ha ricordato: "Gli esseri umani sono membri di un tutto; in creazione di un'unica essenza e anima. Se un membro è afflitto dal dolore, gli altri membri rimarranno inquieti”. Ribadendo che "l'Iran non ha mai cercato e non cercherà mai di costruire una bomba nucleare", ha affermato che le armi di distruzione di massa sono proibite dagli editti religiosi emanati dalla Guida Suprema e dalle autorità islamiche. La visione del Presidente Pezeshkian è di un futuro in cui la pace non è imposta con la prepotenza, ma fondata sulla sicurezza collettiva, sul rispetto della sovranità, sulla diversità culturale e sulla dignità umana.
La Cina rappresentata dal primo ministro del Consiglio Li Qiang, ha espresso una posizione di assoluta aderenza ai principi di pace, dialogo, solidarietà, su cui l’Onu è stata costruita, pronunciando la massima: “Non dimenticare mai perché hai iniziato e potrai portare a termine la tua missione”. E cosi proseguendo: "Tutti i Paesi appartengono allo stesso villaggio globale e fanno affidamento gli uni sugli altri per la sicurezza”. Evidenziando che la Cina è il principale contribuente al bilancio delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace, garantisce la continuità del suo Paese nel promuovere colloqui di pace sull'Ucraina e sul conflitto israelo-palestinese. Precisa come la cooperazione tra Stati deve essere rinvigorita e si devono perseguire risultati vantaggiosi per tutti, indicando le misure unilaterali e protezionistiche, come gli aumenti dei dazi, una delle principali cause della lenta crescita globale. Ha chiesto una più stretta collaborazione per identificare e ampliare la convergenza degli interessi, per promuovere una globalizzazione economica universalmente vantaggiosa e inclusiva e per aiutarsi a vicenda a raggiungere il successo muovendosi nella stessa direzione.
Saggezza e capacità di visione al di sopra delle parti è emersa dalle parole di Dato Erywan Pehin Yusof, ministro degli esteri del Brunei Darussalam: l’Onu “è l'unico forum in cui ogni nazione, grande o piccola, sviluppata o in via di sviluppo, può presentarsi e parlare al pari degli altri […] La sua Carta non è solo un testo giuridico, ma un patto morale, un voto collettivo per salvare le generazioni future dal flagello della guerra e per opporsi alla disumanizzazione delle persone". Ha espresso comunque disapprovazione per l’inefficacia del Consiglio di sicurezza, citando la situazione della Palestina come l’esempio di fallimento più evidente e tragico, che mina la stessa ragion d’essere dell’Onu. Chiede espressamente la riforma del Consiglio di sicurezza anche con l’eliminazione del diritto di veto.
Con l’eccezione dell’Argentina, sono in particolare i Paesi dell’America latina a esprimere disapprovazione implicita e talvolta chiara ed esplicita, nei confronti della politica degli Stati Uniti di Donald Trump. In particolare è Luiz Inácio Lula da Silva presidente del Brasile a mettere in evidenza il legame tra la “crisi del multilateralismo e l’indebolimento della democrazia”, osservando che “in tutto il mondo, le forze antidemocratiche stanno cercando di soggiogare le istituzioni e soffocare le libertà”.
Il ministro degli esteri del Messico Juan Ramón de la Fuente Ramírez ha chiesto all’Onu di impegnarsi per la diffusione di una diversa narrativa sui migranti: "Rifiutiamo in particolare la criminalizzazione delle persone che, per qualsiasi motivo, sono state costrette a lasciare le proprie case e a migrare, sia per cercare rifugio sia per sfuggire a condizioni di ingiustizia o povertà I migranti sono persone con diritti che si prendono cura delle proprie famiglie e contribuiscono al miglioramento delle comunità ospitanti. Solo comprendendo il fenomeno e affrontando le cause strutturali si può progredire verso un quadro di collaborazione globale e regionale, per passare a una mobilità più sicura e ordinata”.
Ciò risponde nei fatti alla posizione manifestata da Donald Trump nel suo discorso del 23 settembre: “Il nostro messaggio è molto semplice: se entri illegalmente negli Stati Uniti, finirai in prigione o tornerai da dove sei venuto, o forse anche peggio – sai cosa significa." E denuncia il sostegno dell’Onu con 372 milioni di dollari in favore di 642 milioni di migranti per viaggiare verso degli Stati Uniti e infiltrarsi nel suo confine sud. Donald Trump, definendo i cambiamenti climatici una bufala, ha dichiarato: "Se non ci si libera dalla truffa dell'energia verde, il proprio Paese fallirà”.
I temi trattati da Trump sono stati centrali anche nel discorso della nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha chiesto all'Onu di rivedere le convenzioni internazionali che regolano l'immigrazione e l'asilo, formulate prima che esistessero l'immigrazione irregolare di massa o la tratta di esseri umani, precisando “non ovviamente per abbassare i livelli di garanzie ma per costruire un sistema che sia al passo con i tempi”. Secondo Meloni, queste regole non essendo più attuali, “se interpretate ideologicamente da magistrature politicizzate, finiscono per calpestare la legge invece di rispettarla […] le Nazioni Unite, al pari di altre istruzione internazionali come l’Unione europea non possono voltarsi dall'altra parte e proteggere i criminali in nome dei diritti civili”. Precisando di non negare il cambiamento climatico ha chiesto di fermare la “creazione a tavolino di modi di produzione insostenibile come i piani verdi” evidenziando la necessità di “gradualismo delle riforme in luogo dell’estremismo ideologico” che danneggia settori produttivi e le classi sociali vulnerabili.
Nataša Pirc Musar, presidente della Slovenia ha esposto la sua analisi dello stato dell’arte delle istituzioni internazionali e della loro manifesta inadeguatezza nel rispondere agli impegni assunti a partire dal 1945 con la Carta dell’Onu. Riconoscendo che il Patto sul futuro “stabilisce chiaramente cosa deve essere fatto per cambiare il nostro mondo in meglio”, per garantirne “un sostegno politico incondizionato e duraturo”, propone la “creazione di un Forum Globale per il Futuro: un movimento inclusivo di Stati impegnati nel multilateralismo, nel rispetto reciproco e nella difesa della nostra visione condivisa. Un movimento determinato a sostenere il Patto e a promuoverne l'attuazione a ogni livello”. Si unisce all richiesta di diversi altri leader (tra cui l'Islanda e il Cile) di nominare una donna alla carica di prossimo Segretario generale dell’Onu.
La presidente Slovena dedica ampia parte del proprio discorso anche alla tragedia di Gaza nominandola più volte come “genocidio”. Tra i leader europei è estremamente esplicito sull’argomento Micheál Martin primo ministro dell’Irlanda, mettendo in evidenzia una responsabilità estesa e comune, ha denunciato: “Nel gennaio dello scorso anno, la Corte Internazionale di Giustizia ha informato tutti gli Stati della plausibilità che lo Stato di Israele abbia commesso un genocidio nelle sue operazioni militari a Gaza. E la Corte è stata chiara: laddove gli Stati membri sono in grado di contribuire alla prevenzione del genocidio, sono obbligati a ‘impiegare tutti i mezzi ragionevolmente a loro disposizione per prevenire quanto più possibile il genocidio’”.
Verso la conclusione del suo intervento il presidente Martin ha dichiarato: “L'Onu continua a rappresentare il meglio dell’umanità. Se vacilla non è perché non è più rilevante, ma perché noi, come leader, la stiamo lasciando cadere”.